Sono in rapida crescita gli attacchi alla reputazione nel settore business tanto che si può parlare di vero e proprio “terrorismo” nei confronti della reputazione online. Sono i risultati degli ultimi studi sul settore.
Solo pochi anni fa quello della reputazione online era il terreno sul quale si scontravano gli Stati in base alle proprie policy legate alla rete. Ora invece è divenuta una sfida seria per aziende, organizzazioni non profit e privati.
Secondo un sondaggio condotto lo scorso anno dal Plank Center for Leadership in Public Relations, un professionista della comunicazione su cinque negli Stati Uniti e in Canada ha affermato che le proprie organizzazioni sono state vittime di fake news.
“Gli attacchi reputazionali e le fake news sono una minaccia crescente“, ha dichiarato Nathaniel Gleicher, responsabile della politica di sicurezza informatica di Facebook. “Le notizie false esistono da un po’di tempo, ma negli ultimi anni abbiamo visto crescere sempre di più il numero delle compagnie che costruiscono i loro modelli di business attorno alla frode delle informazioni“.
Una crescente minaccia di massiccia disinformazione, quella legata agli attacchi alla reputazione online delle aziende e delle organizzazioni politiche che rischia di mettere a repentaglio, come sostengono gli esperti del Bulletin of Atomic Scientists, la stabilità a livello globale.
“L’umanità continua ad affrontare due pericoli esistenziali simultanei – guerra nucleare e cambiamento climatico – che sono aggravati dalla guerra informatica applicata all’informazione, la quale mina la capacità di risposta della società”.
Individuare e combattere questo problema, hanno continuato, “richiede un cambiamento nelle competenze e nella mentalità di coloro che hanno il compito di proteggere la reputazione dei loro datori di lavoro”.
“Si tratta”, come lo ha descritto il pioniere del social media marketing Bob Pearson, “di un cambiamento radicale nel mestiere della comunicazione”.
Non si tratta di un pericolo comparabile a quello del mantenimento della sicurezza informatica, campo in cui gli “hacker” rubano i dati delle carte di credito o interrompono operazioni per cause politiche o per ottenere di soldi, ma si tratta di strutture che creano delle fake news per danneggiare la reputazione di persona o di un’organizzazione al fine di ottenere la manipolazione del prezzo di titoli azionari, affondare i concorrenti nel mercato di riferimento o causare altri danni.
Bisogna tener conto del fatto che:
- Oltre il 95% di ciò che si trova sul web non è facilmente reperibile dal pubblico con motori di ricerca come Google e Bing. Le fake news si incontrano nel “Deep Web”, dove si verificano transazioni come la registrazione dei dati finanziari e si condividono contenuti in abbonamento. Esse trovano terreno fertile anche nel “Dark Web”, quella zona oscura dove avvengono i maggiori crimini legati alla guerra informatica e dove è possibile incontrare quelli che sono definibili in gergo i “teppisti” della reputazione.
- Le società di pubbliche relazioni disoneste arrivano addirittura a pubblicare i propri tariffari, indicando il prezzo richiesto per far pubblicare fake news su giornali che sembrano attendibili. In tutto il mondo, clienti privi di scrupoli hanno la possibilità di assumere agenzie di “pubbliche relazioni” a cui non importa chi sia il cliente o il loro obiettivo: basta che paghi.
- Altri non si pongono problemi nel creare dozzine di account di social media fasulli e infarcire il web, Facebook, Twitter con informazioni positive nei confronti dei loro clienti e negative contro i loro concorrenti.
Solo il mese scorso, Twitter ha annunciato di aver rimosso 5.000 account falsi collegati a una società di marketing in Arabia Saudita e lo stesso giorno, Facebook ha rimosso centinaia di account che si diceva fossero collegati a un’agenzia pubblicitaria della Georgia legati alla diffusione di fake news.
La tecnologia a disposizione, economica e di facile utilizzo, sta portando a una proliferazione di video in si arriva a far dire ad un qualsiasi soggetto l’esatto opposto delle parole registrate. “La recente comparsa dei cosiddetti ‘deepfakes’, ovvero registrazioni audio e video non rilevabili come falsi nei controlli, minaccia di minare ulteriormente la capacità dei cittadini e dei politici di separare la verità dalla finzione“, ha sottolineato il Bulletin of Atomic Scientists.
BuzzFeed News e il sito di notizie investigative di Taiwan Reporter hanno scritto insieme un resoconto agghiacciante all’inizio di questo mese, riguardante un imprenditore di pubbliche relazioni taiwanese che ha creato e pubblicato fake news su migliaia di account web.
Con un giornalista accanto a lui come testimone, l’imprenditore è riuscito nell’impresa con il proprio smartphone impiegando solamente pochi minuti.
Per contrastare il fenomeno delle fake news, i leader delle pubbliche relazioni e il loro staff dovranno acquisire nuove competenze.
“Il tipo di persone attive nella comunicazione cambierà”, ha detto Pearson in un’intervista. “Dovranno avere più competenze tecnologiche. Se si vuole diventare un professionista della comunicazione, si dovrà essere preparati anche in tematiche come l’informatica e la tecnologia”.
Analizzando la situazione, ci si rende conto che la maggior parte dei i professionisti PR sono impreparati a combattere la guerra legata alla reputazione online.
Il Plank Center ha rilevato che quasi tre intervistati su cinque considerano una minaccia alla reputazione delle proprie organizzazioni gli attacchi informatici, ma meno di uno su otto ha affermato di aver pianificato di fare qualcosa al riguardo.
“È possibile farsi aiutare”, spiega Bob Pearson. “Sempre più aziende si offrono ora di monitorare il Dark Web e scovare le fake news.”
Pearson ha sottolineato che trovare una soluzione spetterà ai professionisti delle pubbliche relazioni insieme agli addetti alla sicurezza informatica e ai lavoratori dell’IT.
Il personale dovrà imparare ad agire immediatamente non solo sulle piattaforme di messaggistica e attraverso soluzioni dedicate, ma dovranno imparare, studiandone la psicologia, a riconoscere le potenziali minacce prima che diffondano false informazioni.
Per proteggere la reputazione online di aziende e soggetti è necessario dare vita a un sistema di allerta precoce che possa consentire il blocco a monte delle campagne di disinformazione: talvolta infatti smentire le fake news una volta che sono uscite, potrebbe non essere sufficiente.